La regolamentazione dei partiti e la loro democrazia interna in Italia: dal regime di applicazione convenzionale alla prima legge di attuazione dell’art. 49 Cost.?
DOI:
https://doi.org/10.12775/TSP-W.2016.006Parole chiave
partiti politici, scena politica, sistema partitico.Abstract
Il presente contributo ricostruisce schematicamente le vicende dell’articolo 49 della Costituzione italiana nel quale è fissata la disciplina dei partiti politici, con particolare riferimento al profilo della c.d. democrazia interna.
Come è noto, all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, i partiti del Comitato di Liberazione nazionale furono in Italia gli esclusivi soggetti in grado di garantire sia la partecipazione dei cittadini sia la qualità della democrazia.
In tale ottica, l’approvazione dell’articolo 49, come acutamente è stato osservato da Leopoldo Elia, si reggeva “non su una regola formale ma sulla base di una regolarità politica, vale a dire su un patto non scritto tra gli stessi partiti, una sorta di promessa di reciproca auto-vigilanza al proprio interno”. Il “metodo democratico” dell’azione dei partiti politici che “concorrono alla politica nazionale” - come recita la Costituzione italiana - riguardava quindi soltanto il c.d. versante “esterno” della loro attività, nel senso che essa non doveva svolgersi con metodi violenti e antidemocratici.
Sono state queste le premesse poste alla base dell’applicazione convenzionale dell’art.49 della Costituzione, durata dal 1948 al 1992, anche con riferimento alla parte più “delicata” della disposizione costituzionale, vale a dire la prescrizione dell’esistenza del metodo democratico nell’ordinamento interno dei partiti: ciò spiega come esso - il metodo democratico, appunto - fosse interpretato non come obbligo giuridico ma piuttosto come dovere politico, sindacabile solo in sede esclusivamente politica.
Anche per tale ragione, non si diede seguito ad alcune proposte, presentate in particolare da Mortati e da Calamandrei, che introducevano invece in Costituzione discipline giuridiche anche per quanto atteneva l’organizzazione interna dei partiti politici.
Sul piano del diritto comparato, poi, anche la generalità delle soluzioni adottate in quel momento storico in altri ordinamenti sembravano confermare il trend verso l’adozione di discipline costituzionali a “maglie larghe”, come in particolare sul punto faceva la Costituzione della Francia del 1958 (in particolare l’art. 4); solo la Germania adottò una soluzione differente che costituzionalizzava il ruolo dei partiti politici, anche con riferimento alla loro attività interna, affidando alla giustizia costituzionale il compito di sindacare il requisito della “democrazia interna” ai partiti politici (sul punto, l’art.21 del GG).
Progressivamente, alcuni fattori hanno imposto come cruciale il tema dell’insufficienza dell’applicazione convenzionale dell’articolo 49 della Costituzione italiana, che rischia di generare una sorta di “anomia”, con particolare riferimento al tema della “democrazia interna”: per tali ragioni, non possono non prendersi in considerazione, anche nell’ordinamento italiano, ipotesi innovative di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, in coerenza con la definizione, in quasi tutte le democrazie occidentali contemporanee e nell’ordinamento comunitario, di una disciplina multisettoriale (che ricomprenda, ad esempio, anche i temi della c.d. legislazione elettorale “di contorno”) e formulata “in positivo”, ovvero a prescindere dalla presenza o meno di partiti incostituzionali, partendo proprio dal ruolo che essi giocano nel processo democratico come elemento cruciale nel costruire una democrazia “sostenibile”.
Rispetto a questo, il caso italiano ha avuto, in particolare nelle più recenti Legislature (XV e XVI), molte difficoltà nel configurare, attraverso l’adozione di una legge, il requisito ex art. 49 come dovere giuridico, nonostante la presentazione di numerosi progetti di legge. Tale situazione sembra ora mutare, con l’approvazione in prima lettura di una proposta di legge di attuazione dell’articolo 49, in ragione di una serie di fattori che - come spiegano gli Autori - anche per l’Italia vanno nella direzione di una crescente istituzionalizzazione dei partiti politici nazionali.
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